Sono passati 25 anni dal Giubileo del 2000, quando per celebrare il nuovo Millennio il Vicariato di Roma decise di costruire nuove chiese nelle zone di espansione della città. Il mitico concorso “50 chiese per Roma 2000” è stato un grande evento architettonico: per la nuova parrocchia di Tor Tre Teste nel quadrante est arrivarono ben 534 progettisti. Nella lista anche grandi architetti internazionali: Tadao Ando, Santiago Calatrava, Frank O. Gehry e Richard Meier. Dopo un secondo concorso a inviti, nel 1996 è proprio Meier a ottenere l’incarico. Nasce così la chiesa del Millennio anche detta Dives in Misericordia e infine di Dio Padre Misericordioso – cui dedichiamo la copertina e la controcopertina di H501 – inaugurata solo nel 2003, ma già completa nelle strutture all’apertura del grande Giubileo dei 2000 anni dalla nascita di Gesù.
Una chiesa iconica: chi non ricorda le sue tre vele in sequenza, che lasciano entrare la luce all’interno grazie ai lucernari in alto e alle vetrate laterali? Nella definizione dell’immagine il ruolo da protagonista è tutto per il cemento bianco brillante con cui le vele sono costruite: per confezionarlo, si aggiunge all’impasto uno speciale additivo, il TX Millennium, ideato appositamente per garantire alle superfici proprietà autopulenti. Il TX è una particella nanometrica, piccolissima, che viene attivata dalla luce del sole e, se c’è abbastanza umidità e ossigeno, senza consumarsi mai attiva una reazione chimica che ossida alcune delle particelle inquinanti più diffuse. Poi queste particelle ossidate vengono portate via dalla pioggia o si combinano con il cemento e diventano innocue. All’epoca se ne parlava come di una magia, ma era invece il primo tentativo concreto di rinnovare il cemento in chiave sostenibile, quando l’argomento era ancora assai poco di tendenza.
È vero che il cemento, dall’inizio della sua storia, ha sempre avuto un rapporto privilegiato con l’architettura religiosa, complice naturalmente le grandi dimensioni che sono richieste per accogliere i fedeli. Abbiamo pubblicato molte chiese dalla recente ripresa della rivista: la Chiesa di San Giacomo Apostolo di Benedetta Tagliabue a Ferrara e la Chiesa di Santa Maria Goretti a Mormanno di Mario Cucinella (entrambi IIC856), oltre al restauro della chiesa “di vetro” di Baranzate di Angelo Mangiarotti, Bruno Morassutti e Aldo Favini (IIC855). Due copertine sono state dedicate a chiese della nostra gloriosa Scuola di ingegneria: quella di San Carlo a Vicenza di Sergio Musmeci (IIC855) e quella sull’Autostrada del Sole di Giovanni Michelucci (IIC860). Tra le opere all’estero, articoli sono stati dedicati alla Tamkang Church a Taiwan e al Santuario Señor de Tula in Messico (entrambi IIC857). Anche le moschee, che hanno analoghi problemi di grande luce e di sincerità costruttiva brillantemente risolti dal cemento, sono state oggetto della nostra attenzione: la Moschea Bait Ur Rouf di Dacca in Bangladesh di Marina Tabassum (IIC855) e la Moschea di Monte Galala sulle sponde del Golfo di Suez di Gianluca Peluffo & Partners (IIC860), oltre a quella di Roma, con cui abbiamo ricordato Paolo Portoghesi (IIC861). E molte sono quelle pubblicate grazie ai bellissimi scatti brutalisti di Roberto Conte e Stefano Perego (IIC860).
In questo numero ne presentiamo ancora altre, da tutto il mondo, per raccontare come cambia la concezione dell’edificio religioso ma come il cemento sappia sempre assecondarne il linguaggio, e da materia inerte diventi veicolo di spiritualità.
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