Stadele Rooms dimostra come l’architettura contemporanea in calcestruzzo a facciavista sia una risposta efficace per inserirsi all’interno di un tessuto urbano consolidato.
Stadele è la parola tedesca con la quale si indica un piccolo fienile. Ed è all’interno di un lotto molto stretto, nel cuore del centro abitato di Lana (in provincia di Bolzano), caratterizzato da tre fabbricati adiacenti gli uni agli altri, di cui uno è proprio un fienile già riconvertito in ristorante, che sorge un autentico gioiello architettonico reso prezioso da un calcestruzzo a facciavista eseguito con grande cura. Il nuovo edificio sostituisce una preesistenza, è collocato tra il vecchio fienile e un’altra casa dove risiede la famiglia dello chef e ospita un albergo di otto stanze, la cui attività è gestita in parallelo a quella del ristorante.
L’idea avanzata da Heike Pohl e Andreas Zanier, fondatori dello studio tara, è di inserire nel sito un volume netto e ben definito: così facendo, il fronte principale ne avrebbe enfatizzato il carattere scultoreo complessivo. Infatti, dalla strada, la tridimensionalità del monolite in calcestruzzo è percepita con grande chiarezza proprio per il suo essere il tassello centrale di un complesso di costruzioni conformato a L, da cui emerge proprio l’albergo Stadele Rooms, visibile sempre di scorcio. Sin dalle prime proposte progettuali gli architetti si prefigurano il nuovo edificio in un calcestruzzo a facciavista di un colore molto chiaro e dalla superficie così liscia da presentarsi come accuratamente levigata: si tratta di una sensibilità nei confronti dell’impiego di questo materiale che, in particolare, Heike Pohl ha sviluppato negli anni in cui ha collaborato, in Austria, con lo studio Marte.Marte Architekten dove ha acquisito una grande esperienza nella progettazione e nella gestione di cantieri che prevedevano la realizzazione di superfici cementizie destinate a venire lasciate a vista.

“Sappiamo gestire il calcestruzzo, non ci fa paura, anzi lo amiamo quando si presenta come il materiale giusto rispetto allo specifico progetto”, ci racconta Pohl, che aggiunge: “per poter garantire un risultato di alto livello, tara ha elaborato l’intera progettazione esecutiva, gestito la richiesta delle offerte alle imprese, curato la direzione lavori, seguendo poi tutte le fasi di progetto e di cantiere”.
L’albergo, di quattro piani fuori terra, s’imposta al di sopra del locale voltato sotterraneo dell’edificio preesistente, mantenuto e utilizzato dalla proprietà per produrre e imbottigliare il vino. Su di una platea di fondazione, gettata al di sopra della volta, si erge la struttura portante della nuova costruzione che, in elevazione, corrisponde con i setti esterni; i solai, anch’essi in calcestruzzo gettato in opera, sono connessi al lato interno dei setti per mezzo di profili in acciaio (accuratamente inseriti nelle casseforme in fase di getto), la cui presenza consente il posizionamento di uno strato di coibentazione che elimina ogni ponte termico.
Dall’esterno, il carattere scultoreo dell’albergo è accentuato dalla presenza di intagli, di diversa foggia e dimensione, che rendono chiara l’immagine del monolite cesellato: la profondità delle grandi aperture delle finestre, amplificata dal montaggio dei serramenti sul filo interno dei setti, e i volumi in acciaio aggettanti incastonati nella superficie cementizia in corrispondenza dei balconi sono accompagnati dalla presenza di grandi solchi orizzontali in facciata, che s’inclinano in prossimità delle falde di copertura. Queste “fughe” (così come le definisce Pohl), non corrispondono ai punti di appoggio interni dei solai, ma coincidono invece con le linee di ripresa dei getti dei setti.
Le componenti della cassaforma (fornita da Interfama di Prato allo Stelvio) hanno contribuito a determinare l’apparato ornamentale dell’edificio: se le “fughe” orizzontali vengono realizzate mediante l’inserimento all’interno del cassero di un listello a sezione trapezoidale (alto 3,5 centimetri verso l’esterno e 2,5 centimetri all’interno), le linee verticali che segnano la superficie sono l’esito di una particolare lavorazione operata sui pannelli interni: il bordo di ciascuno viene accuratamente rifinito, riducendone la dimensione standard, così da garantire precise linee di contatto tra una tavola e l’altra, poi ulteriormente giuntate e sigillate da un nastro in gomma elastomerica così da evitare un’incontrollata fuoriuscita di calcestruzzo in questi punti.
La superficie, così accuratamente liscia e levigata, non è ottenuta ricorrendo a un conglomerato speciale, bensì è la conseguenza di diversi accorgimenti costruttivi, operati sia in fase di progetto che nel corso della costruzione. Innanzitutto, la scelta stessa delle componenti interne della cassaforma, composte di tavole in compensato con superficie rivestita in resina: queste sono state utilizzate per due o, al massimo, tre getti e poi sostituite da altre componenti nuove. L’olio disarmante è stato distribuito in un velo uniforme per mezzo di una piccola pompa: il capocantiere non ha voluto spalmarlo con uno straccio, come normalmente succede, per evitare i segni di un panneggio sull’epidermide del calcestruzzo.
Gettato il conglomerato, la sua compattazione è avvenuta ricorrendo sia a tradizionali vibratori interni che a vibratori applicati direttamente sulle pareti esterne delle casseforme. Sformati i getti, sono stati necessari pochissimi ripristini e ritocchi; infine, è stato steso su tutte le superfici a facciavista un prodotto idrorepellente opaco turapori che non ne ha alterato la colorazione originaria.
Con l’obiettivo di dare l’immagine di un monolite cementizio, percettibile come tale anche dalle alture circostanti, pure la copertura dello Stadele Rooms viene pensata e realizzata in calcestruzzo armato lasciato a facciavista: al di sopra della soletta portante è stata quindi applicata una guaina, che garantisce l’impermeabilità, poi ricoperta da un ulteriore getto di completamento e da una finitura esterna lisciata a mano, che accoglie anche i canali di gronda incastonati al suo interno.
Attraverso Stadele Rooms, lo studio tara dimostra l’efficacia espressiva dell’inserimento di architettura contemporanea in calcestruzzo a facciavista quale risposta all’esigenza contingente di “costruire nel costruito” e avvalora, grazie alla qualità della sua esecuzione, le potenzialità dell’importazione sul territorio nazionale di pratiche progettuali provenienti dall’estero, qui favorita dalla prossimità geografica con l’Austria e con la Svizzera.
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